“Unorthodox”


Testo di Daniele e Susanna Ravenna

Per diversi di noi che facevano le medie alla Scuola Ebraica all’inizio degli anni ’60, quarant’anni prima che i social media cominciassero a occupare le vite dei teenagers del 21° secolo, era sufficiente andare a passare qualche ora al Palazzo del Ghiaccio per sentirsi su un altro pianeta.

Dimenticate le preoccupazioni scolastiche di una scuola eccellente e severa, senza essere degli assi del pattinaggio ci avventuravamo su quella dura superficie gelata confidando nella naturale agilità e nella capacità di stare in equilibrio sulle lame, consentita dalla tenera età.

Si arrivava attrezzati di guanti e maglione, i pattini per chi non li aveva venivano noleggiati sul posto e poi calzati nello spogliatoio con l’aiuto del personale, costituito da robuste fantesche dotate di ferri artigliati: con essi quelle donne energiche e spicce tiravano le stringhe garantendoci che sarebbero rimaste ben tese e strette, come era fondamentale, per tutta la barcollante permanenza delle nostre giovani caviglie sul ghiaccio.

La musica, fra cui oltre ai walzer da pattinaggio anche i primissimi twist dell’epoca, si diffondeva nell’ambiente vasto e piuttosto gelido; e fra un capitombolo e l’altro almeno un momento di pausa lo riservavamo al conforto della focaccia calda che ci attendeva al bar, situato ai bordi e raggiunto calpestando, sempre in precario equilibrio, il pavimento di legno consumato dello storico Palazzo di via Piranesi.

L’unico inconveniente poteva essere che il ghiaccio, a causa dell’affollamento, a forza di essere attraversato avanti e indietro si trasformasse presto in un impasto di nevischio tale da rallentare la velocità delle esibizioni.

Ma questo problema non ci toccava. A nostro favore il fatto che il ghiaccio, per noi, era sempre di un liscio splendente e perfettamente levigato, praticamente vergine dal passaggio di chicchessia. Un grande deserto bianco. Perché al Palazzo del Ghiaccio ci andavamo il sabato mattina, quando tutte le scuole di Milano, tranne la nostra, erano aperte.