
Testo di Sergio Lascar
La famiglia Lascar è composta dal padre Dario, nato a Torino il 10/01/1925-15/03/2010; dalla madre Emma (detta Graziella) Cassuto, nata a Livorno il 01/11/1933; dai 2 figli nati a Torino: Umberto 21/02/1956 e Sergio 25/06/1957.
Famiglia ebraica non osservante ma molto legata alle tradizioni.
Durante la Seconda guerra mondiale a causa delle emanazioni delle leggi razziali, sia Dario che Emma si trovarono entrambi ad affrontare un lungo periodo di sfollamento.
Lascar 1943: lo sfollamento
Dario con suo fratello Enrico (Torino 28/12/1922-24/04/2022), il padre Umberto (Pisa 27/01/1898-15/06/1968), la madre Elvira Caffaz (Torino 19/07/1900-27/06/1988) tentarono di migrare in Svizzera, passando a piedi per le montagne, sfiniti dalla fatica ed arrivati alla frontiera furono respinti. Elvira troppo stanca si dichiarò essere pronta ad abbandonare lì le valige e ad arrendersi ai nazisti senza sospettare di essere invece perseguitati con il fine dello sterminio, avvalorò l’ipotesi che intanto sarebbero stati utilizzati come forza lavoro. I militari svizzeri consigliarono di passare vicino all’insediamento nazista nell’orario del pranzo, così fecero e non furono visti, con loro vi erano altre figure che tentarono lo stesso percorso.
La famiglia decise di dividersi. Dario assieme a suo fratello Enrico andarono a Milano grazie a documenti falsi procurati con l’aiuto di Anna Angeloni (insegnante). Riuscirono a lavorare in diversi posti, una fabbrica meccanica trasformata per fornire parti belliche il cui proprietario, in quanto contrario alla politica in atto, chiedeva loro di non essere così precisi nell’esecuzione del lavoro; poi lavorarono anche come riparatori di macchine da scrivere. Vissero in casa assieme ad Anna per tutto il tempo dell’ultimo periodo del conflitto mondiale. Il loro racconto è riportato e supportato da immagini, nel libro “un rifugio vicino al cielo” di Aurora Cantini.
I genitori Umberto ed Elvira si nascosero nel paese di Ama di Aviatico nel Bergamasco, diversamente da quanto riportato nel libro sopra citato, ogni tanto i due figli si recavano a far loro visita. Oltre a questa famiglia nel paese di Ama vi erano altri rifugiati, e altre famiglie alcune parenti di Umberto ed Elvira; il paese fu solidale e non vi furono denunce di presenze di “estranei” ai nazisti. I loro documenti falsi sono ancora esistenti: Lorenzetti Umberto e Grasso Elvira. Il sostentamento della famiglia avvenne grazie a precedenti buoni risparmi di Umberto e al lavoro dei due figli.
Finita la guerra l’attività di Dario è stata quella del commercio, in un primo periodo con un negozio di foderame, poi con l’arrivo dei vestiti già “confezionati” (termine di un tempo) sviluppò un ingrosso di abbigliamento casual.
La famiglia Cassuto, è vissuta a Viareggio LU, è composta dal padre Augusto (Livorno 02/02/1907-30/11/1992) commerciante (durante la guerra: carretto biancheria, merceologia, finita la guerra: negozio abbigliamento); dalla madre Corinna Disegni (Livorno 24/02/1906-18/08/2002) commerciante (banco al mercato); dai 3 figli nati a Livorno: Emma (Graziella), Angiolo (19/12/1936-04/02/2012), Armando, Ernesto (21/11/1940-12/06/2016). Famiglia ebraica molto legata alle tradizioni, Augusto era il hazan della sinagoga. La struttura comprendeva al piano terra la propria abitazione e dall’autunno del 1940 nel soggiorno ospitava la scuola ebraica con 10 bambini tenuta dalla maestra Gabriella De Cori di Pisa e dalla Corinna Disegni come bidella della scuola; al piano superiore tramite una scala interna si accedeva alla sinagoga. Emma aveva il suo letto nello stesso soggiorno.

Cassuto 1943: lo sfollamento
Una sera del 1943 Bruno Izis, impiegato del comune, vicino di casa ed amico di famiglia, avvisò di aver visto un elenco dove venivano menzionati i nomi degli ebrei di Viareggio, tra cui il loro. Augusto fece il giro di tutte le famiglie per avvertire e da quella notte ci fu un esodo di massa dal paese.
Dal 1943 la famiglia Cassuto assieme ad altre famiglie fu rifugiata a Lucignana in Garfagnana, in baite affittate. Il luogo diede poi asilo anche a soldati inglesi, che stavano nascosti in alcune cantine.
La vita che fecero è stata descritta come un periodo tutto sommato felice, ciò per la libertà di vivere in mezzo alla natura ma comunque nella paura di essere scoperti e rastrellati. Un giorno infelice il 10/07/1944 il partigiano Bruno Stefani, catturato dai nazisti venne portato in piazza e malmenato brutalmente davanti alla madre con l’intento di far denunciare ai residenti gli ebrei, nessuno parlò. Il ragazzo fu picchiato e ucciso davanti alla madre, lei e non parlò ma impazzì per il dolore. Il sostentamento della famiglia avvenne per la vendita di biancheria che Augusto vendeva di paese in paese e anche agli stessi tedeschi, trainando un carro. Dava il proprio contributo anche Emma con piccoli lavori nel paese, assieme alla cara amica del cuore Anna, originaria del paese di Lucignana, come la raccolta delle castagne per conto di proprietari di terreni.
Anche questo paese fu solidale nel proteggere gli “estranei” nessuno ne denunciò la presenza.
Un giorno si venne a sapere che la casa a Calavorno, requisita da un nazista, nella quale erano nascosti gli argenti della Sinagoga di Viareggio, erano stati trovati da questo e messi in bella mostra nella stessa casa, forse non riconosciuti come tali. Senza esitazione si pensò di tentare di recuperarli. Augusto assieme al fratello Elbano e il padre Armando, si presentarono all’uscio come i vecchi proprietari, chiesero per favore di poter recuperare almeno un po’ di biancheria per la propria famiglia, il nazista disse di fare pure e non controllò cosa facessero. Misero avvolti nelle lenzuola tutti gli argenti, ringraziarono e si defilarono, si accorsero che mancava il calice, Armando voleva tornare indietro ma per fortuna gli venne proibito. Seppelliti nel giardino di Elbano, vennero poi recuperati a fine della guerra, fu così che vennero salvati gli arredi della Sinagoga di Viareggio ancora oggi esistenti.
A fine 1944 giunta la notizia della liberazione, con il fronte alle spalle la famiglia si diresse verso Viareggio, sentendo gli spari del fronte in lontananza. Attraversare il fiume Serchio esondato a causa della fortissima pioggia fece rimandare di un giorno il suo attraversamento, rifugiati in un fienile il proprietario diede loro ospitalità. Il mattino seguente si trovarono comunque in difficoltà a causa della piena, Emma fu tirata di peso dall’acqua del Serchio da un ufficiale dell’esercito americano, Emma tentò di liberarsi dalla presa a calci e pugni, non aveva mai visto un uomo di colore.
Arrivati a Viareggio Corinna non la riconobbe a causa del bombardamento subito e sostenne che non fossero arrivati al paese loro. Arrivati a destinazione un filo spinato chiudeva l’accesso della Sinagoga/casa/scuola. Si suppose fosse minato l’interno, così Augusto dichiarò che sarebbe entrato da solo, la moglie Corinna disse di no, si presero tutti e cinque per mano, spostarono il filo spinato ed entrarono tutti insieme. Nessuna mina era stata piazzata.
Finita la guerra l’attività di Emma, Graziella è stata quella del commercio, in un primo periodo con un negozio foderame, poi trasformato in negozio di abbigliamento casual.
Spesso penso che grazie a molti, al proprio coraggio, agli ideali, all’umanità, alla forza, l’audacia, all’aiuto di tante persone e persino di interi paesi, hanno determinato il fatto che io Sergio e mio fratello Umberto, figli di Dario Lascar ed Emma Cassuto, siamo potuti nascere.
Il nostro infinito ringraziamento è atto dovuto a tutti coloro che ci hanno preceduto e contribuito nel nome dei principi etici e valori morali.
